mercoledì 26 maggio 2010

L'Hagakure e il teorema di Archimede


“Si può imparare qualcosa da un temporale. Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma, anche tentando di ripararci sotto i cornicioni, ci inzuppiamo ugualmente. Se invece, sin dal principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.” (I, 79)


Pubblicata per la prima volta nel 1906, ma composta due secoli prima, Hagakure è una delle opere più famose della letteratura giapponese, che racchiude l’antica saggezza dei samurai sotto forma di brevi aforismi. Quello riportato qui sopra è, a mio avviso, una perla di inestimabile valore esistenziale, la cui applicabilità è davvero, come sottolinea l’autore, universale.
E’ un lampo che illumina il cammino al buio, è un invito all’accettazione attiva contrapposta all’indugio dell’autocommiserazione.
E’ una professione di impegno, un incoraggiamento a prendere la propria vita nelle proprie mani, senza aver paura di sporcarsele. O, come in questo aforisma, di bagnarsele.
Ma per quanto questo gioiello dell’umana consapevolezza, - che, vale la pena ricordarlo, venne formulato per trasmettere dei precetti marziali – abbia tuttora la capacità di accendere, con poche parole, una lampadina nella mente di chi lo raccolga, è nulla se comparato alla profonda e sintetica saggezza di quel precetto, tramandatomi oralmente nei giorni della mia fanciullezza, che passa ancora di padre in figlio sotto il nome di Teorema di Archimede: "Quando pisci, attento al piede."

Come sempre, less is more.

martedì 25 maggio 2010

Non c'è due senza tre.



Captatio benevolentiae: ce lo so, l'ha già fatta meglio Nanni Svampa - meritorio - negli anni '60. Ma, come ho sintetizzato nel titolo, ho un'insana dipendenza per i luoghi comuni. Ergo, mi espongo qui, per la terza ed ultima (forse) volta, con la mia versione.
Che ci posso fare se mi piace tanto quest'artista e mi son risolto ad ascoltarlo solo ora? Forse mi voglio ricordare, in generale, che non è mai troppo tardi?

"Un dì Ella, la pastorella
Un gattino nell’erba trovò
E siccome era senza mamma
L’adottò
Ella schiuse la camicetta
E sul seno adagiò il gattin
Perché era l’unica cosa che aveva
Come cuscin
Il gattino la prese per mamma
E deciso si mise a ciucciar
Ella, colta da tenerezza
Lo lasciò far
Ma per caso la vide un passante
Che della scena s’innamorò
E della sua visione esaltante
A tutti parlò

Quando Ella slacciò il reggipetto
Per lasciare poppare il gattin
Tutti i maschi del nostro distretto
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì, lì,
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì,
E lei che aveva un cuore perfetto
Pensò che gli piacesse il gattin
Tutti i maschi del nostro distretto
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì, lì,
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì,

Il maestro coi suoi scolari
Il sindaco, l’oste, il finanzier
Trascurarono i loro affari
Per veder
Il postino, così affascinato
Da quel giorno non distribuì
Tutte le lettere del vicinato
Per star lì
Dio perdoni i ragazzi del coro
Che a vederla corserò là
E lasciarono la messa e il lavoro
A metà
E i gendarmi che il cuore d’oro
Certo non hanno come virtù
S’adunaron commossi anche loro
Tutti lassù

Quando Ella slacciò il reggipetto
Per lasciare poppare il gattin
Tutti i maschi del nostro distretto
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì, lì,
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì,
E lei che aveva un cuore perfetto
Pensò che gli piacesse il gattin
Tutti i maschi del nostro distretto
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì, lì,
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì,

Ma le altre donne del distretto
Senza mariti e senza morosi
Nutrivan sentimenti in petto
Assai rancorosi
Fino a che un giorno, avvelenate
Con dei bastoni corserò lì
E massacraron, disgraziate
Il bel gattin
Distrutta, Ella la pastorella
Prendendo marito si consolò
E da quel giorno la sua tetta bella
Solo a lui mostrò
Col tempo, di questi avvenimenti
Il ricordo in tutti sparì
Solo i più vecchi raccontan contenti
Sta storia qui,

Quando Ella slacciò il reggipetto
Per lasciare poppare il gattin
Tutti i maschi del nostro distretto
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì, lì,
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì,
E lei che aveva un cuore perfetto
Pensò che gli piacesse il gattin
Tutti i maschi del nostro distretto
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì, lì,
Eran lì, lì, lì, lì, lì, lì"

lunedì 24 maggio 2010

La cattiva reputazione.


Al mio paesello sono il campione
Della cattiva reputazione
Ch’io vada in giro o stia senza far niente
Tutti mi trattano da delinquente
A nessuno mai mancai di rispetto
Io son sempre stato un gran bravo ometto
Ma i benpensanti non mandano giù
Chi i lor precetti non regge più
No i benpensanti non mandano giù
Chi oramai non se li fila più
Tutti parlano male di me
A parte i muti, chiaro il perché

Quando il 2 giugno c’è la parata
Io resto a letto a far ‘na ronfata
A me la musica che batte il passo
Mi è sempre stata abbastanza sul casso
Certo non vorrei rompere i coglioni
però non sopporto i vecchi tromboni
Ma i benpensanti non mandano giù
Chi i lor precetti non regge più
No i benpensanti non mandano giù
Chi oramai non se li fila più
Tutti indignati additano me
A parte i monchi, chiaro il perché

Quando un ladruncolo vedo inseguito
Da un poliziotto incattivito
Prima che all’arma mano lui metta
Al poliziotto fo’ la scianghetta
Io non credo proprio di esser cattivo
Se un rubagalline resterà vivo
Ma i benpensanti non mandano giù
Chi i lor precetti non regge più
No i benpensanti non mandano giù
Chi oramai non se li fila più
Tutti son pronti a prendere me
A parte i cionchi, chiaro il perché

Non lo sa certo solo il profeta
che non mi aspetta una fine lieta
come farebbero a un oca o a un pollo
quelli mi voglion tirare il collo
Eppure io sempre ho rispettato
Tutti quanti, senza essere inquadrato
Ma i benpensanti non mandano giù
Chi i lor precetti non regge più
No i benpensanti non mandano giù
Chi ormai non se li fila più
Verranno tutti a vedermi appeso
A parte ciechi, è sottinteso.



NB. Della serie "Spero che Lui mi perdoni 2 - Non ho saputo resistere". Ho cercato di farla zoppicare meno possibile in italiano. Tanto ce ne sono molte altre meglio, anche cantate ed incise, ma volevo rovinare un'altro po' la mia di reputazione. Monsieur Georges...

venerdì 21 maggio 2010

Che Lui mi perdoni.


Quando che so’ appena nati
Ancora ‘nfasciati
Sti bei bambinoni
Dicheno già ai loro padri
Che non capischeno
Che so cojoni

Quando se so’ invecchiati
Belli imbiancati
E brontoloni
Tutti i tardoni insistono
Sul fatto che i giovani
So’ dei cojoni

Io che fra questi sto’npo’ in mmezzo
Je manno a di’, mo’ co ‘sto peezzo

L’età non c’entra popo ‘n cazzo
Si sei ‘n cojone sei ‘n cojone
Pischello o vecchio da strapazzo
Si sei n’ cojone sei ‘n cojone

Lassate perde’ sta manfrina
Cojoni freschi o imbalsamati

Cojoncini miei belli e stronzi
Vecchi cojoni ammosciati (x2)


Voi cojoni neonati
Cojoni sbarbati
Minicojoni
State sempre lì a di’ che i vostri padri so’ cojoni

Voi cojoni attempati
Cojoni allessati
Matusa cojoni
Confessatelo pure, trattate i regazzi come cojoni


Non so’ neonato né matusa
Ma ve lo dico e chiedo scuuusa


L’età non c’entra popo ‘n cazzo
Si sei ‘n cojone sei ‘n cojone
Pischello o vecchio da strapazzo
Si sei 'n cojone sei ‘n cojone


Lassate perde’ sta manfrina
Cojoni freschi o imbalsamati

Cojoncini miei belli e stronzi
Vecchi cojoni ammosciati (x2)


PS. E' indegna questa mia traduzione, ma è molto sentita. Sto ascoltando questa (ed altre sue canzoni) da giorni, quasi ininterrottamente e senza stancarmi. INTENDEVO veramente dedicarGli la mia versione. Merci George!
PS2: Lui, ça va sens dire, è Georges Brassens. Meglio non dare niente per scontato.

giovedì 20 maggio 2010

Intendo?


Andiamo per le spicce: è meglio un vaffanculo sincero che un grazie di circostanza.

Per essere più chiaro, se mi trovo a dire qualcosa che non contiene la mia intenzione autentica, la cosa che dico non ha senso. Apparentemente, nella forma, nella sintassi, può essere corretta e compresa, e, magari o purtroppo, può avere delle conseguenze. Ma se inquadriamo la questione dal punto di vista esistenziale, dire una cosa senza intenderla veramente, sinceramente, io trovo sia un'azione vuota di significato. E il primo ad esserne, diciamo, sminuito sono io che l'ho lasciata accadere. Eppure di queste azioni sono costellate le mie giornate. E, presuntuosamente, credo di essere in buona compagnia. Quanti sorrisi, buongiorni, comestai, salutiallasignora, tantebellecose, ci capita di dispensare senza, non dico averne voglia, ma senza tutta l'intenzione che il nostro augurio si avveri. Quanti sì, certo, volentieri, ci sentiamo dire - nel senso che sentiamo noi stessi mentre li diciamo - provando invece dentro un distacco emotivo, quando non addirittura un disgusto discretamente celato. In alcuni casi si dice che si faccia per sopravvivere - ne va del posto di lavoro, del sostentamento della famiglia, dell'eredità, della possibilità di mantenere un certo tenore di vita...In altri casi, invece, quelli forse più frequenti, pare si faccia per quieto vivere, per i rapporti di buon vicinato, per indotta o congenita ipocrisia sociofunzionale.


Banale della favola: all'interno della sedicente società civile, l'intenzione autentica deve essere costantemente vagliata ed eventualmente "potata" da giudici interiori. Non è sempre così, né per tutti: una lista di martiri lunga millenni attesta l'esistenza di incoercibili sostenitori dell'autenticità delle proprie intenzioni.
Intendiamoci, parlo sempre di buone intenzioni, ché quelle cattive hanno nutritissime schiere di fan molto, molto dedicati.

Credo sia questo il motivo per cui mi è capitato più spesso di sentirmi dire vaffanculo che ti amo.

martedì 11 maggio 2010

O tempora, o biondes


Questo sciocco calembour mi girava in testa da qualche giorno. Allora, non avendo a portata di memoria alcunché di divertente a riguardo, ho spigolato qua e là – meglio, ho googlato qua è là - alla ricerca di qualche spunto per rimpolparlo. Avrei voluto trovare qualche simpatico aneddoto, qualche curiosità per confrontare le bionde d’antan con quelle d’oggidì. Ma ho avuto poco tempo e, soprattutto, un internet che funziona a manovella. O magari non ho fatto le ricerche giuste. Alla fine, stamattina ho trovato due cose che mi hanno incuriosito a sufficienza. Uno è un sito che contiene 287 fra battute, freddure, volgarità, citazioni, dedicate al comunissimo “typical blonde moment”, un’equazione nuda e cruda, declinata con alcune (poche) varianti divertenti e molte ripetizioni. Ho l’impressione che il compilatore di questa pagina abbia attinto a piene mani da siti americani, soprattutto per le battute più volgari. L’assione, ovviamente, è chiaro: le bionde sono stupide. Ora, ho trovato molto più interessante la teoria sostenuta dalla professoressa Thierry Meyer, docente di psicologia sociale presso l’università di Nanterre, secondo la quale le bionde renderebbero invece più stupidi gli uomini:
"l'attività cerebrale diminuisce, il quoziente intellettivo scende, le capacità cognitive vengono in buona parte ibernate"
.
Ecco, qui io posso testimoniare perché, in una mia vità passata, sono stato ostaggio di una stronxa per più anni di quanto voglia ricordare, e la signora era (è) per l’appunto bionda naturale. E tanto per confermare un altro luogo comune, anch’io poi ho sposato una mora. Vorrei sgombrare il campo da qualsiasi sospetto di razzismo: non ho niente contro le bionde, anzi, due delle donne che amo di più al mondo – mia sorella e la mia maestra – lo sono. Volevo solo intrattenermi con queste quisquilie per alleggerire questo blog un po’ abbandonato . Un ultimo dettaglio sul tempo, tanto per riallacciarmi alla pseudo citazione ciceroniana del titolo: pare che fra 200 anni le bionde non ci saranno più, perché, essendo portatrici di un gene recessivo, sono destinate ad una prossima estinzione. Chi vuole approfittarne, o farsene approfittare, non ci pensi due volte.
Certe cose è sempre meglio verificarle di persona.

venerdì 7 maggio 2010

Il privilegio di esser trattati male.

E ce n'avrei di cose da dire, dopo una giornata passata, ieri, nel reparto di chirurgia pediatrica di uno degli ospedali più grandi d'Europa (dicono). Potrei parlare dell'(apparente?) cinismo dei paramedici, abbrutiti da turni disumani. Della contraddizione fra la recente ristrutturazione degli impianti e la cronica disorganizzazione delle procedure - bambini convocati a digiuno alle 7,30 della mattina e lasciati così fino all'intervento, effettuato alle 17,30. Della leggerezza con cui i medici dispensano risposte ed informazioni potenzialmente inquietanti a mamme comprensibilmente già in panico. Potrei parlare di tutto questo e lamentarmi, con molte ragioni. Ma mi è tornato in mente qualche posto che ho visto e qualche altro di cui ho letto e, tornando a casa con mio figlio, dolorante ma in buone condizioni, mi astengo. Non è che mi senta in colpa ad avere avuto la fortuna di nascere sull'emisfero meno sottosviluppato, è che penso che se mettessi quella stessa energia per dire o fare qualcosa a favore di chi sta peggio, bè, sarebbe più utile, forse. Quindi risparmio il fiato telematico per una migliore occasione e una migliore causa.

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