domenica 12 settembre 2010

De Torvajanica blus.


Portati qualcosa da leggere quando attraversi Torvajanica in macchina. Soprattutto se sei tu a guidare. Così puoi distogliere lo sguardo da quella quaresima di case appuntate ai lati della litoranea per un tempo interminabile. Se l'attraversi d'estate, un sabato pomeriggio fatto di gelato, di mago del gelato, di pozzo del gelato, di olimpiade del gelato, di ministero del gelato, di consolato del gelato, o, nel peggiore dei casi, di "king" del gelato. O in uno sconsolante crepuscolo di pizza al taglio, pizza al cartone, pizza tonda a porta'vvia, quattro supplì e due ascolane, birra, birra, birra e tavernello. Oppure un sabato sera di zigomi alti, gomiti alti, voci alte, tacchi alti, ormoni alti, bassi alti dagli altoparlanti di SUV alti. Prendi altrimenti il lato blue di Torvajanica, che in realtà è il lato grigio, scegli di attraversarla un sabato mattina di novembre, presto presto, con nessuno in giro, guidando verso sud est, col rado sole che ti acceca all'improvviso, mentre anaconde di sabbia avanzano dalla spiaggia sull'asfalto, accedendo, come faresti tu, dai varchi aperti, in scansione irregolare, ogni tot case, casette, palazzine - quelle belle collezioni di intonaco scrostato, di ringhiere carcinomizzate dalla ruggine salmastra, di tapparelle abbassate senza speranza per mesi di seguito. E' impagabile Torvajanica nel suo antonomastico squallore, potrebbe a buon diritto entrare nel frasario contemporaneo, fornendo un nuovo strumento di descrizione al nostro lessico sempre in crisi di assuefazione, sopraffatto dalle conseguenze del logoramento semantico. "'sto film è proprio 'na Torvajanica" sentiremmo sospirare dal nostro vicino di sedia al cinema, e capiremmo subito che intende condensare in quella parola un concetto ben preciso: è una cosa brutta e noiosa che non finisce più. "Il programma di questo partito è una vera Torvajanica" renderebbe icastico un giudizio di mediocrità progettuale, aggravato dalla inguaribile reiteratività di una certa politica, quella che si subisce senza speranza. Sarebbe molto triste, un giorno, sentirsi dire "Amore, la nostra storia è ormai una Torvajanica.". Vorrebbe dire non solo che è arrivata al capolinea, ma che ha un disperato bisogno di eutanasia. Quella che invoco io per Torvajanica, per regalare ai suoi abitanti il sogno di rivedere il mare, come lo vide Enea, quando, dopo essere sbarcato sulla sua nuova terra, si voltò per guardarsi un'ultima volta indietro.
Con la piena consapevolezza di essersi lasciato alla spalle una Troia ormai bruciata.

giovedì 9 settembre 2010

Morire per delle idee.


Mourir Pour des Ide�es
Caricato da Ben-Yehuda. - Scopri altri video musicali

Mai come in questi giorni trovo opportuno ricordare questa canzone, scritta da Brassens nel '72 e tradotta magnificamente da De André nel '74. Con la triste constatazione che ancora troppo spesso si muore - prima del tempo, ingiustamente, con violenza - per delle idee, originariamente altrui. Non solo quando si sceglie di immolarsi per una causa collettiva che viene, ironicamente, scelta come motivo di vita. Ma anche quando il sistema collettivo di credenze, assunto dai più, imposto o esercitato per delega da alcuni, ritenga giusto sacrificare la vita di un individuo - il caso di Sakineh Mohammadi Ashtiani è solo il più recente - che a tale sistema non si adegui. Una realtà amara, già brillantemente illustrata da Brassens nel suo album di esordio, con un'altra memorabile canzone. E sperimentata sulla propria pelle da milioni di altri, forse miliardi.
Non è nelle mie intenzioni analizzare a fondo le ragioni di questa assurdità cosmica. La scelta di privare della vita un altro essere ha, secondo me, un campo di applicazione ridotto al solo fine della sopravvivenza contestuale: tu stai per uccidere me - o i miei cari - io, nell'impossibilità di fuggire o di renderti inoffensivo, uccido te, se ci riesco. Molto animale, mors tua vita mea, ma questo è quanto.
E questa è la mia versione italiana.


Morir per delle idee, è un’idea coinvolgente
Un altro po’ morivo perché non l’ebbi mai
Travolto da una folla, feroce e intransigente
Che esaltava la morte, soprattutto quella altrui

Riuscirono a convincere la mia musa insolente
A seguire la loro fede abiurando i suoi errori
Confessandomi, poi, senza più spettatori
Moriam per delle idee, vabbè, ma lentamente
Vabbè, ma lentame-e-e-e-ente.

Considerando i rischi, magari, limitati
Andiamo all’altro mondo senza affrettarci affatto
Perché ad avere fretta, si muore costernati
Di aver scelto un’idea che il tempo suo ha ormai fatto

Ora, se c’è una cosa che è proprio deprimente
È accorgersi alla fine di un sacrificio svelto
Che era un altro il principio, che andava meglio scelto
Moriam per delle idee, vabbè, ma lentamente
Vabbè, ma lentame-e-e-e-ente.

I santi promotori del martirio d’onore
Invecchian predicando “Armiamoci e morite”
Morir per delle idee, per loro è sì un valore
Che si tengono stretto, quanto le proprie vite

Infatti quasi ovunque superano allegramente
Anche Matusalemme per la longevità
E certo ognun di loro si giustificherà
Moriam per delle idee, vabbè, ma lentamente
Vabbè, ma lentame-e-e-e-ente.

Di idee che ti promettono l’onore nel supplizio
Tutte le sette al mondo ne offrono a quintali
Resterà solo a chiedersi il kamikaze novizio
Morir per delle idee, va bene, sì, ma quali?

Che tutti si assomigliano fra loro, tristemente
I fondamentalisti che cantano ai caduti
Evitando le fosse in cui li hanno guidati
Moriam per delle idee, vabbè, ma lentamente
Vabbè, ma lentame-e-e-e-ente.

Se davver le ecatombi fossero sufficienti
Per far cambiare il mondo, per farlo rifiorire
Dopo mille milioni di sterminii indecenti
Il paradiso in terra starebbe per venire

Invece l’età dell’oro, ritarda eternamente
Gli Dei di sangue han sete, una sete infinita
E per la morte è sempre in corso la partita
Moriam per delle idee, vabbè, ma lentamente
Vabbè, ma lentame-e-e-e-ente.

E voi, istigatori, del suicidio teoreti
Dateci il buon esempio siate i primi a immolarvi
Noi vi cediamo il posto, lasciateci star quieti
Che vivere è già duro senza star lì a’ ascoltarvi

Poiché la morte, infame, è in agguato costante
Di certo alla sua falce non servono gli aiuti
Basta con queste stragi, grandissimi cornuti
Moriam per delle idee, vabbè, ma lentamente
Vabbè, ma lentame-e-e-e-ente.



PS.Trovo molto toccante questa versione dal vivo, registrata da Georges vicino alla morte.

A volte sembra che, invece no.

D'altra parte, ci mancherebbe altro, non è che si può sempre sempre, eh, però uno magari ci spera, sai, ci si impegna. Oh, mica che di per sé l'impegno debba per forza significare, ma, è chiaro, quando ci si assume certe responsabilità, o, al meno, si prendono certe iniziative, uno, voglio dire, magari, non dico che avrebbe diritto, ma tant'è. Ad ogni modo, è importatante saperle prima certe cose, perché poi non ce se ne venga fuori con i "ma io qua, ma io là...", oppure, peggio ancora, che qualcun'altro si sbizzarrisca a distribuire i suoi simpatici "te l'avevo detto!".
Io, però, ve l'avevo detto,
Anzi ve lo dico subito, ogni volta, dall'inizio.
Capito?

lunedì 9 agosto 2010

"L'uomo a una stella". O della precarietà.


Asciutto, evocativo. Questi due aggettivi, insieme, descrivono l'impressione che "L'uomo a una stella", il secondo romanzo di Angelo Simone, ha lasciato in me sin dalle prime pagine. E mi fermo ad annotarlo perché trovo che non siano due qualità facili da integrare con la nonchalance - vorrei dire indolente e, a tratti, rassegnata - con cui l'anonimo protagonista narra la vicenda che lo spinge fuori dal precario equilibrio della sua apparentemente consolidata quotidianità.
Mi è venuto spontaneo sottolineare - e l'ho fatto attraverso uno degli strumenti ormai familiari del nostro comunicare allargato - un passaggio descrittivo che mi ha toccato profondamente mentre leggevo. In una decina di righe, l'autore, attraverso le parole del protagonista, schizza un'impressione di Roma sotto la pioggia che trasmette, senza sdilinquimenti, un affetto intimo per questa città. Che è la mia città natale, ma non lo sua, di Simone, intendo. Questo mi ha portato a riflettere su quanto l'acuto spirito di osservazione gli abbia permesso di delineare personaggi, caratteri e situazioni ricorrendo a pochi, chirurgici, aggettivi. E come la sua prosa asciutta sia tutt'altro che fredda, anzi. La sensualità è probabilmente il faro che continua a brillare anche nei momenti più bui della vicenda, riscaldando la vita del protagonista - oltre all'attenzione del lettore - con delle intermittenze di grande passione.
Non è inopportuno dire che "L'uomo a una stella" possa essere definito tout simplement un giallo, del quale detiene l'impianto e alcuni topoi. Ma trovo che sarebbe ingiusto. E' piuttosto un apologo sull'impermanenza, sulla precarietà della condizione umana, sull'illusorietà di alcuni sentimenti e di molte certezze che, chi più o chi meno, ci affanniamo ad alimentare, consapevolmente o disperatamente, su base quotidiana.
Ma di cosa parla, in fondo, "L'uomo a una stella", qual è per sommi capi la sua trama? Non ho nessuna intenzione di svelarlo. E' stata una scoperta affascinante per me e approfitto dell'occasione per proclamare il mio odio per gli spoiler, anche solo parziali. Infatti, mi astengo da aggiungere altre osservazioni che mi hanno fatto apprezzare ancora di più questo libro, perché sono di carattere squisitamente personale e, chiedo scusa per l'anglicismo, spoilerebbero il senso di questo post.
Io, personalmente, aspetto Simone alla prossima prova. Con una certa impazienza.

Etichette

AS ROMA (3) ASTI (1) BRASSENS (10) Basho (1) Claudio (1) Dio (2) Hafez (3) Hagakure (1) MIMMO FERRETTI (1) Martissant (3) Mevlana (1) Neropositivo (1) Osho (4) Papà (2) Rumi (4) accompagnare il colpo (1) acido (1) addio (2) advertising (2) aloneness (1) animali (2) anni '70 (2) ansia (1) antichrist (1) aria (1) aristotele (1) arrivederci (1) assenza (1) autocommiserazione (2) autoindulgenza (1) bambini (3) barefoot (2) bestemmie (2) campari (1) capomissione (1) catarsi (2) cazzate (1) chinotto (1) cibo (1) cinismo (1) co-dependency (1) combinazioni (2) consapevolezza (2) convitato (1) cubanocho (1) culo (1) derviscio (1) desiderio (1) dialetto (2) dignità (1) divina (1) essere umani (2) google (1) gratitudine (4) grazie (2) haiku (1) haiti (8) ignoranza (3) imprecazioni (1) infischiarsene (1) integrità (1) intenzione (2) iperboli (1) libertà (1) loneliness (1) macchina (1) macrobiotica (2) maestri (3) maiali (1) manifestazione (1) mauvaisereputation (1) max cosci (1) medici senza frontiere (4) merda (5) meritocrazia (1) messaggero (1) missione (2) misticismo (1) mitchell (1) mondegreen (1) morte (2) msf (5) mutande (1) nazismo (1) neologismo (1) obama (2) ombra (1) orwell (1) ospedali (2) papaveri (2) parola (2) parolacce (1) parole (2) passione (1) patata (2) paura (1) petrolini (1) piacioni (1) poesia (5) preparazione (1) presente (3) primal (1) prostituzione (2) pubblicità (2) religione (1) repubblica (2) ricetta (3) riconoscenza (2) rifarsi (2) ringraziamento (3) romanesco (4) samurai (1) sardegna (1) schifo. vergogna (1) serendipity (1) silenzio (6) sinistra (1) solità (1) solodarietà (1) sopravvivenza (1) stronzosauri (1) stupidità (1) sufi (12) superficialità (1) t.s. eliot (1) tao (3) taoismo (2) tempo (1) terra. (1) terremoto (1) tips (1) tofu (1) topica (1) traduzione (2) transgressione (1) turpiloquio (1) umanità (1) umiliazione (1) umore (1) vaffanculo (1) vanità (1) vegetariano (1) verbosità (1) vergogna (2) verità (3) vetriolo (2) viale marconi (1) video (1) vignette (1) vino (1) violenza (1) volontà (2) vuoto (4) yin e yang (1)