venerdì 30 novembre 2012

Attar e le scuse che trovano gli uccelli.


La Conferenza degli Uccelli – Mantiq ut-Tayr (letteralmente “Il linguaggio degli Uccelli”) – è una fiaba in forma di poema, composto dal mistico Sufi persiano Farid-ad-Din Attar, in quell’oscuro periodo della storia umana conosciuto come Medio Evo, circa un secolo prima degli anni in cui il nostro Durante degli Alaghieri componeva la sua Commedia. Il suo appellativo Attar, che sembra aver ereditato dalla professione del padre (o del nonno) ha diversi significati, contigui all’epoca, ma non identici: erborista, medico, speziale, profumiere. Un ulteriore significato, ancora attuale, sembra esprimere in modo ancora più esoterico e simbolico l’animo di Attar: essenza di rosa. Quell’essenza che viene citata così spesso da Rumi, il quale riconosce nelle opere di Attar una delle sue maggiori fonti di ispirazione, a parte il derviscio errante (in molti sensi) Shams. E molti furono gli scritti di Attar, considerato uno degli autori più prolifici della letteratura persiana, essendo a lui attribuite circa un centinaio di opere, di varia lunghezza. Ma la più conosciuta resta ancora oggi, appunto, la Conferenza degli Uccelli, che attraverso la metafora del viaggio illustra i capisaldi della dottrina Sufi.

La storia racconta del desiderio ardente di un gruppo di uccelli di conoscere il grande Simorgh, assimilabile alla mitologica Fenice, il proprio re che vive però in un paese lontano. Seguendo la guida di uno di loro, l’Upupa, cominciano il proprio viaggio verso la terra di Simorgh. Uno dopo l’altro, gli uccelli abbandonano il viaggio, adducendo una scusa per la propria incapacità di resistere. ( Suona familiare, vero?)
Ogni uccello ha un significato speciale e una corrispondenza ad un difetto dell’apprendimento. L’uccello guida è l’Upupa, mentre l’Allodola rappresenta l’amante. Il Pappagallo è in cerca della fontana dell’immortalità, non di Dio, e il Pavone simboleggia “l’anima caduta” che è alleata con Satana.
Gli uccelli debbono attraversare sette valli per trovare Simorgh: 
Talab (il desiderio), 
Eshq (l’amore), 
Marifat (la conoscenza), 
Istighnah (il Distacco), 
Tawheed (l’unità con Dio), 
Hayrat (il disorientamento) 
e alla fine, Fuqur e Fana (l’assenza di egoismo e l’annullamento in Dio). 
Queste valli rappresentano le stazioni che un Sufi, o in generale ogni individuo, deve passare per realizzare la vera natura di Dio.
Nel più ampio contesto della storia del viaggio degli uccelli, Attar racconta al lettore, in uno stile poetico accattivante, molte brevi storie didattiche.
Alla fine, solo trenta uccelli rimangono fino all’arrivo nella terra di Simorgh. Giunti là, tutto ciò che essi vedono è se stessi e i riflessi di trenta uccelli (si morgh = trenta uccelli, in persiano) nelle acque di un lago, invece che il mitico Simorgh. I trenta uccelli che cercano Simorgh si rendono conto che Simorgh non è altro che la loro totalità trascendente.
Questo insegna la dottrina Sufi:  che Dio non è esterno o separato dall’universo, ma è piuttosto la totalità dell’esistenza.
Su, Atomi persi, verso il vostro Centro portatevi
nello Specchio Eterno che vedeste immedesimatevi
Raggi, che avete vagato nella vasta Oscurità
tornate e ritiratevi nel vostro sole per l’eternità.

Partendo da questo presupposto, quale guerra potrebbe mai avere i requisiti per essere considerata santa?
Il problema è squisitamente matematico: solo trenta uccelli hanno raggiunto la meta. 
Ci sono troppi uccelli in giro che hanno una scusa pronta.

giovedì 22 novembre 2012

Figatelli da Corsica



Premessa. 
Devo avere qualche legame atavico e sconosciuto con l’Ile de Beauté, perché ogni volta che ci torno mi ritrovo sempre più intento a fissare, avec des regards familiers, le sue montagne, i suoi scogli, i suoi sassi. E’ stata la meta del mio primo viaggio dell'età adultà (zaino in spalla e capello ancora corto di naja) e, con la vacanza di quest’anno, ho completato il giro dell’isola, intendendo il perimetro carrozzabile, con qualche breve ma intensa incursione all’interno. Parlare della Corsica in maniera estesa meriterebbe un lavoro di documentazione che non ho avuto ancora modo e tempo di affrontare. Per questo mi limiterò ad alcuni spunti, o spuntature, o meglio ancora figatelli, delle mie impressioni di incontro con la terra Còrsa, distribuendoli in ordine assolutamente sparso ed incoerente, comme il faut.
 

1.L’ossassione.

Forse dovrei più correttamente parlare di ciottoli - levigati, multicolori, tondeggianti - che compongono molto frequentemente le spiagge della Corsica, perché è per essi sassi che io provo una vera e propria ossassione. Ma non sono solo quelli a catturare la mia vista e il mio tatto. Anche le scaglie polverose e setose di pietra serpentina, che si staccano dalle pareti rocciose della montagna corsa, esercitano un’ipnotica fascinazione su di me. Sdraiato su una spiaggia di cui non farò il nome, non potevo fare a meno di allungare in continuazione la mano e accarezzarle, selezionandone di volta in volta di differenti forme e grandezze. Alcune di queste pietre sembrano avere un’impugnatura anatomica, tanto si adattano perfettamente all’incavo della mia mano. Altre sembrano fatte apposta per la stone therapy, piatte, lisce, regolari, del peso giusto e già belle calde. Altre ancora avrebbero potuto essere scelte da Don Juan, per sollecitare gli organi interni e indurre il silenzio interiore in quel chiacchierone di Carlos Castaneda, durante le sessioni dell’arte del Sognare. Ogni tanto – spesso – non resistendo alla tentazione di un particolare colore, variegatura, texture, ne raccoglievo uno e lo mettevo in tasca, in borsa o nel portaoggetti dello sportello della macchina. Per tutto il viaggio di ritorno, ogni curva sembrava l’inizio di “Moby Dick”. Dei Led Zeppelin.

A suivre (s'il vous plait).

sabato 17 novembre 2012

mercoledì 14 novembre 2012

niente da dire. ascoltate.

Solo una cosa da aggiungere. Grazie a Ragyi per la condivisione.

martedì 13 novembre 2012

Illusioni



Ha fatto in modo che l'illusione sembri reale e il reale un'illusione
Ha nascosto il mare ed ha reso visibile la schiuma 
Ha nascosto il vento e manifesta la polvere
Tu vedi la polvere turbinare, ma come potrebbe sollevarsi da sola
Tu vedi la schiuma, ma non l'oceano
Perciò invocalo con le azioni, non con le parole
Perché le azioni sono reali e ti daranno la salvezza
nella vita a venire.

Queste parole - che pure sono contenitori e quindi un po' come il dito che indica la luna - sono immerse in quell'oceano di misticismo in versi, circa 50.000 distici, che è il "Mathnavì Manavì" di Jalâl âlDîn Rûmî, per la cultura accademica il più grande poema mistico di tutti i tempi. E da quell'oceano sollevano spruzzi di schiuma, che arrivano, a volte come ceffoni a volte come rugiada, sulla faccia di chi si trovi ad incontrarle. Perché i versi di Rumi sono, prima di tutto, le lunghe dita di un mistico, che arrivano a bussare lontano, attraverso i secoli, sulla porta di chi è destinato ad ascoltarli senza protezione. Non è una questione di aristocrazia, ma di semplice risonanza. Nè è questo il luogo o l'occasione per una lettura di approfondimento sul poeta Rûmî. E' un semplice spazio di condivisione e di gratitudine. Di riconoscenza. 
Il riflesso del sole su uno specchio mi ha accecato. Ed era solo un riflesso.

"Di là dalle idee,
di là da ciò che è giusto e ingiusto,
c'è un luogo.
Incontriamoci là".

 

mercoledì 7 novembre 2012

Realtà


REALTA’
In amore, nulla esiste fra cuore e cuore.
Mentre le parole nascono dai desideri
La descrizione nasce dal vero sapore.
Solo chi assaggia, sa
Mentre chi spiega mente.
Come puoi definire Qualcosa in qualche forma
Quando alla Sua presenza svanisce la tua forma?
Eppure nel suo Essere tu esisti ancora
E per indicarti il cammino vive la sua orma.

Questa poesia è attribuita a Rabia al-Basri, una santa, mistica, eremita Sufi dell'8° secolo, che non lasciò in realtà nessuno scritto. Una donna devota a Dio fin dalla nascita, tanto da trascorrere tutta la sua vita libera - dopo essere stata schiava fin dalla tenera età - in preghiera e solitudine, attirando comunque frotte di discepoli, proprio in virtù della propria rinomata aura di santità. E' considerata la prima assertrice della dottrina dell'Amore Divino, che anteponeva l'accento sull'amore per Dio a quello sul timore di Dio, come motore della devozione. 
Questa poesia, quindi, non l'avrà scritta di suo pugno. Ma di cuore sì.

E quel "Solo chi assaggia, sa" è una delle più belle sintesi del percorso Sufi, e della vita vissuta veramente.


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