Forse non sono più abituato. Oppure sono stato così fuori
dalla corrente di transito che ha consunto i luoghi, ma attraversando Roma, un sabato al tramonto, uno di quei tramonti che non finiscono mai, come succede,
sulle vie una volta consuete di Trastevere - fienaroli, lungaretta, santamaria,
paglia, santegidio, vicolodelcinque, piazzatrilussa - sono stato investito da
una malinconia senza ritorno, riconoscendomi nella musica triste di un
ambulante, che raccontava di un umore grigio, come gli ultimi sprazzi del
tramonto, ed è subito stata sera, come d'inverno, come un presagio di una cosa
che è finita, così, improvvisamente, e non ritorna.
E quelle vie ancora belle, se le guardi rimirando il cielo,
mi apparivano un presidio appena abbassavo gli occhi sulle insegne, i negozi, i
bar, le bancarelle, i tavoli, le vetrine. Un presidio di pacifici invasori che
mi alienava dal senso di appartenenza. Non era più casa mia, quel posto - che
presunzione, mai lo era stato - ma un porto franco, che più che mai, sentivo distante
e non più familiare, pur riconoscendo i tratti consunti e restaurati.
Non era nostalgia, no. Non c'era voglia di tornare indietro
- o forse sì - ma una sensazione di addio.
2 commenti:
Non di sabato, Vix, che è tutto degli invasori, ma di domenica pomeriggio, subito dopo pranzo. Quando è tutto lento per la digestione, quando sei più tollerante e gli stranieri non li vedi neanche. Allora Trastevere è ancora po' più di tutti noi.
Sì, Cò, lo so, me l'hanno ricordato altri amici. Anche, mi hanno detto, basta evitare l'ora dell'aperitivo, qualsiasi giorno della settimana. Ma non è che mi diano fastidio gli stranieri, vorrei dire, è che mi sentivo davvero distaccato e triste. E final, anche, forse ;-)
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