giovedì 31 luglio 2008

Il riso abbonda sulla bocca della balena.



Questa bella immagine che ho trovato su repubblica.it mi ha fatto tornare in mente quella bella barzelletta
...C'è sciopero in Paradiso e Gesù sostituisce San Pietro all'ingresso.
Ad un certo punto Gesù vede avvicinarsi un vecchietto.
"Benvenuto buon uomo, qual'è il tuo nome?"
Il vecchietto: "Mi chiamo Giuseppe."
"E che lavoro facevi Giuseppe?"
"Il falegname"
"E dimmi: hai avuto prole?"
"Ho avuto un figlio ma per miracolo, non so neanche io come potuto accadere."
"Ah si?!?" (Gesù diventa pensieroso) "E... cosa faceva questo figlio?"
"Eeeeh! Mi dava un sacco di grattacapi. Era sempre via insieme a persone sconosciute. Ma io lo sapevo che un giorno o l'altro lo avrebbero tradito!"
Gesù sussulta un attimo, poi gli fa ancora una domanda:
"E... ehm, senti, com'era il suo rapporto con... la gente?"
"Mah, qualcuno gli voleva bene, altri no. Ha avuto problemi con le forze dell'ordine... e poi, tutta quella gente che lo metteva sempre in croce!"
Gli occhi di Gesù ebbero un guizzo: levò le braccia al cielo e gridò: "Papà!"
E il vecchietto: "Pinocchio!!!"

Be', l'ho sempre trovata un bel pezzo di commedia degli equivoci.

mercoledì 30 luglio 2008

scatologia della vita quotidiana

come dire, parlare della routine, delle tante piccole rogne, frustrazioni, arrabbiature, che ogni giorno ci distolgono dall'originario stato di perfetta atarassia cui il nostro spirito immortale è stato dedicato o, eziandio, alla cui luce è stato concepito,
E' UN DISCORSO DI MERDA.
eppure mi ero alzato quasi bene, stamane...

martedì 22 luglio 2008

masticare amaro: la saggezza dei maestri e la realtà dei fatti.


"Nothing makes a bad product fail faster than a great advertising campaign."
Bill Bernbach.
Chiaro, no? Se un prodotto fa schifo veramente, una buona campagna pubblicitaria non può che dargli una mano a sprofondare prima. Perché, amplificando la popolarità del prodotto e quindi la potenziale esposizione al pubblico della sua inadeguatezza, il processo di fallimento accelera inevitabilmente. Ora, premesso che io stimo e adoro tutto il lavoro di Bernbach, anzi sono completamente soggiogato dalla sua disarmante perspicacia, alcuni dubbi laceranti mi balenano nella mente come raffiche di luce fastidiosa. Anzi mi sento bruciare e paralizzare da un antinomia insopportabile (cazzo vuol dire?).

O Berlusconi non è il grande pubblicitario che molti dipingono oppure, salvo ognuno, non fa così schifo quanto penso?

Io propendo per la prima ipotesi.
Senza dubbio.
Altrimenti mi crollerebbero contemporaneamente due miti.
La realtà è ancora più amara, così amara che mi fa male a dirla. Mastica amaro, mi dico, mastica...che ti passa.

giovedì 17 luglio 2008

perché non è detto che tutti quelli che fanno delle cose che ti piacciono, poi non siano dei gran pezzi di merda.

Allora, cerco di spiegare, ma forse è chiaro. Lo spunto per questa considerazione me l'ha dato questo video



Mo' tutti hanno diritto di averci i cinque minuti. E anche di scavalcare il tabù del personaggio pubblico che deve essere irreprensibile sempre, in qualsiasi momento sia fuori - ma persino dentro - casa. Ma insomma, se te vai a pija' un caffè a un diner, da solo, senza compagnie compromettenti, e un paparazzinger ti fa una ripresa con la videocamera, non è che t'ha rubato una scena del film che hai in lavorazione. Non t'ha compromesso la reputazione. Però, oh, ognuno cià diritto de avecce i cinque minuti. O no?
Che poi, pòro Quentin, in realtà erano solo pochi secondi. Sai com'è quando viaggi veloce...

mercoledì 16 luglio 2008

stand by

certe volte conviene aspettare e non prendere posizione. non prendere decisioni affrettate. non compiere passi precipitosi. non fare qualcosa di cui poi potresti pentirti perché non si può più tornare indietro e poi non si sa mai. certe volte.
altre volte però bisogna agire. subito. anche perché a stare sempre in stand by consumi quasi più energia. e non vivi più.

mercoledì 9 luglio 2008

classifica dei babbà. ieri sera a piazza navona...


lungi dal voler dare patente di rilevanza politica a questo post - tanto meno a questo blog - mi limito a riferire sinteticamente, di pancia direi, le reazioni emotive che ho riscontrato personalmente ieri sera a piazza navona.
il metro che ho scelto è quello molto istintivo ed icastico creato da Giorgio Bracardi tantissimi anni fa', in quell'isola di avanguardia radiofonica nazionalpopolare chiamata "alto gradimento".
la lista è incompleta, come lo è stata la mia partecipazione all'evento.
l'ordine è più o meno, se la memoria non mi inganna, quello di apparizione.

moni ovadia: 8 babbà - a braccio, conciso, partigiano ma coerente con se stesso, almeno.
pancho pardi: 6 babbà - il tono abbastanza dimesso e depresso ne ha inficiato l'apprezzabilità.
antonio di pietro: 6+ babbà - non ha tracimato, e questo ha contrastato il mio pregiudizio nei suoi confronti.
fiorella mannoia: 8 babbà - la modestia ha sempre un punteggio molto alto nella mia scala di valori.
andrea camilleri: 8 babbà - delizioso intervento poetico, purtroppo invalidato dall'amplificazione scarsa.
marco travaglio: 7 babbà - la sua piacioneria ha imbolsito un approccio originale.
beppe grillo: 5 babbà - ci mette la faccia, ma lo hanno fatto anche gli altri. autocaricaturale.
sabina guzzanti: 9 babbà - sono fazioso, non vorrei aggiungere altro. anzi sì: "sti cazzi!"
lidia ravera: 6 babbà - era emozionata, credo, ma ha fatto un intervento soporifero.
ascanio celestini: 7+ babbà - originale nell'esposizione e ben preparato. paraculino.
la piazza: 10 babbà - sono nostalgico, lo so, ma che bello il contatto dei gomiti.

chi c'era e ha voglia, può dire la sua, possibilmente senza offendere troppo.

martedì 8 luglio 2008

niente da dire, anche oggi. c'è da andare...

piuttosto alla manifestazione a piazza navona, contro l'impunito.
vediamo i fatti, stasere, poi le parole, domani.

venerdì 4 luglio 2008

ode alla scatola dei cerini usati

non bisogna sollevare il sopracciglio.
ostentando sdegno immotivato
qui si cerca di difendere l'ambiente
col riutilizzo del materiale usato
ci rovinammo credendo al consumismo
dilapidammo risorse d'ogni tipo
ora conviene ingranar la retromarcia
e praticar certo rigore antico
quindi è vitale risparmiare anche il cervello
per preservarne le funzioni rare
e allora conserviam le idee già usate
che ancora utili ci potran tornare.

se il cerino si è acceso una volta
è segno buono
vuol dire che funziona.

perché rischiare di trovarne uno migliore?

giovedì 3 luglio 2008

liber interruptus. quando la pagina s'ammoscia.

stamattina, invece di accendere la tv per vedere le notizie e il meteo sono andato a cercare l'ultimo libro che sto leggendo, scoprendo di averlo dimenticato in ufficio. la successione di pensieri azioni è stata questa:

-pensiero "anche questo, passata la fiammata iniziale, lo stiamo perdendo. altrimenti non me lo sarei scordato"

- azione giro la testa verso uno scaffale, un determinato scaffale dove tengo tutti i libri che ho comprato o ricevuto in regalo e che devo ancora incominciare a leggere o, ahimé, ricominciare a leggere, dopo averli interrotti.

- pensiero "cazzo, potrei fare una lista con quel sito di cui parla angelo

e mettermi in paro"

- azione do una veloce occhiata e tiro su un libro di racconti, così spero di finirne uno nel breve spazio che mi separa dalle operazioni di preparazione alla giornata

- pensiero "è finito il tempo in cui riuscivo a seguire le peripezie della famiglia Buendia, camminando tra la metro B e la metro A, oppure saltavo l'uscita al capolinea e finivo nel deposito, ipnotizzato dal monologo di Molly Bloom"

e proprio questo pensiero si è insinuato fra le righe del racconto che avevo incominciato a leggere e mi ha costretto a rileggere più volte le prime righe.
Così provo a liberarmene qui: di quanti libri ho interrotto la lettura e perché? quali erano le cause esterne contingenti? quali le idiosincrasie specifiche fra me il libro? quanti libri interrotti sono riuscito poi a riprendere e completare, magari, con inaspettata soddisfazione?
Già soltanto scrivendo queste righe mi è partito un carosello di immagini in testa, che mischia le notti passate in bianco a causa di quelli irresistibili, alle frustranti riletture consecutive e infruttuose di quelli - per me, in quel momento - ostici.
Sputo via subito un esempio: "Terra" di Stefano Benni. Lo stesso autore che mi faceva ridere da solo come un matto in mezzo al treno con "Comici spaventati guerrieri" non riusciva a farmi superare pagina 104. Perché?
Naturalmente, ora posso far finta che sia soprattutto la stanchezza e gli impegni a diluire l'intensità dell'attenzione. Ma mi piacerebbe raccogliere un bel campionario di motivazioni asciutte, tipo : "Delitto e castigo" ? Era caduto in prescrizione... oppure "L'insostenibile leggerezza dell'essere"? Ero già a dieta e mi indisponeva il titolo...

Comunque, voglio concludere questo blog bolso e prolisso con il titolo del libro che alla fine ho deciso di portarmi appresso oggi.

"Come parlare di un libro senza mai averlo letto" .


Non bisogna farsi fuorviare dall'apparente ironia del titolo, è un manuale molto serio e serioso, scritto da un docente universitario, Pierre Bayard.
La cosa più divertente è che me l'ha consigliato il mio libraio. Dice che sono bulimico...

martedì 1 luglio 2008

qualcosa di travolgente

“Break a vase, and the love that reassembles the fragments is stronger than that love which took its symmetry for granted when it was whole.” Derek Walcott ~

Con la semplicità delle grandi verità, dette non tanto a bassa voce, quanto con un tono piano, omogeneo, non urlato, questa frase, estratta da un libro che non conosco, di un autore di cui ho solo sentito parlare, mi ha rigirato un coltello nella fitta intercostale che mi porto appresso da due giorni. E non posso fare a meno di rileggerla, in uno stato di morbido shock. Ipnotizzato dalla sua essenza adamantina. Senza possibilità di interpretazione. Forse sono così colpito - comfortably numb, citando i Pink Floyd - perché l'ho trovata mentre non la stavo cercando. Non la stavo assolutamente cercando, questa verità. Eppure, guardala come si annida nel quotidiano, come avvolge con dolcezza, protettiva quasi, tutti quei piccoli momenti della nostra vita che diamo per scontati. Non vorrei aggiungere altro, per non rovinare questa sensazione. E non lo farò.
A parte, forse, che andrò a cercare il libro.

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